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3.7.2023

VALTER MALOSTI CON IL SOUND DESIGNER GUP ALCARO PER LA PRIMA VOLTA AL FESTIVAL SHAKESPEARIANO DI VERONA

A Verona l’estate nei musei si colora di suoni, parole e coreografie. Per due serate, il 4 e 5 luglio, alle ore […]

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VALTER MALOSTI CON IL SOUND DESIGNER GUP ALCARO PER LA PRIMA VOLTA AL FESTIVAL SHAKESPEARIANO DI VERONA

A Verona l’estate nei musei si colora di suoni, parole e coreografie. Per due serate, il 4 e 5 luglio, alle ore 21.15, il cortile del Museo Lapidario Maffeiano sarà la cornice dei POEMETTI DI SHAKESPEARE. L’artista, regista e attore Valter Malosti porterà in scena Venere e Adone e Lo Stupro di Lucrezia. Produzioni minori del Bardo rese contemporanee dallo straordinario lavoro musicale realizzato da Gup Alcaro, musicista e sound designer. Una sinergia che, tra il colonnato e le lapidi del Maffeiano, cornice dello spettacolo, diventerà puro incanto per soli 99 spettatori a serata. Produzione di ERT Fondazione. Un nuovo ‘palcoscenico’ per il 75° Festival Shakespeariano. Un’esperienza unica. L’Estate Teatrale Veronese, realizzata dal Comune di Verona, in collaborazione con Arteven, con il sostegno del Ministero della Cultura e della Regione Veneto, allarga gli orizzonti. Per un Festival diffuso, in grado di coinvolgere l’intera città.

E’ una grande emozione essere presente per la prima volta a questo Festival – spiega Valter Malosti -. Sarà un’esperienza magnifica dar vita ai Poemetti, un viaggio nella mente di Shakespeare. Le due opere sono tavola rovesciata una dell’altra, al centro due personaggi femminili molto forti come Venere e Lucrezia”.

POEMETTI SHAKESPEARIANI

Venere e Adone e Lo stupro di Lucrezia diventano suono contemporaneo che evoca il senso del racconto. I due poemetti, composti tra il 1593 e il 1594, sono le uniche opere di Shakespeare di cui l’autore abbia curato la stampa personalmente, cosa mai accaduta né con le sue opere teatrali né con i più famosi Sonetti; e si possono dunque considerare come gli unici e certi originali di quell’autore dai contorni incerti che porta il nome di William Shakespeare. L’alta densità musicale degli spettacoli, pluripremiati, ha convinto Valter Malosti a proporne una versione senza scena, se non quella, ricchissima, sonora. Shakespeare qui dispiega la sua potentissima lingua e la capacità geniale di mescolare comico e tragico, leggero e profondo, orrore e parodia, con una specie di equilibrio incantatore che ci inghiotte nella musica delle parole senza concederci una qualche sospensione liberatoria. 

VENERE E ADONE sfugge a qualsiasi definizione: comico oppure tragico, leggero oppure profondo, un inno alla carne oppure un ammonimento contro la lussuria: il poemetto è un mixtum in cui tutti i termini di queste antitesi sono simultaneamente veri. Venere è una dea/macchina, dea ex machina ma anche sex machine. Una macchina di baci, una macchina schizofrenica di travestimento, una macchina di morte per l’oggetto del suo amore. Adone ricorda il giovane dei Sonetti. Il montaggio fonico attinge alle fonti acustiche più disparate, ai suoni della quotidianità sovrapposti a frequenze elettroniche e distorsioni, filtrando il tutto con musica elisabettiana e contemporanea. Musica come camera d’eco dei personaggi, come cartina di tornasole del loro spirito, musica che penetra dentro il testo, talvolta lo accarezza, più spesso entra in conflitto con esso per far schizzare scintille che ustionano ma anche illuminano. Con LO 

STUPRO DI LUCREZIA i due poemetti sembrano formare una specie di dittico simmetricamente contrappuntato, in cui la seconda tavola rovescia la prima: dallo sfondo giorgionesco del primo con conigli, cani, cavalli e cinghiali, si passa ad un tragico notturno, immerso in una livida oscurità caravaggesca squarciata dalla luce di una torcia. Per il grande poeta inglese Ted Hughes, autore di un visionario e misterico saggio/poema “Shakespeare and The Goddess of Complete Being”, questi poemetti, scritti quando i teatri londinesi erano chiusi per la peste, sono la base in cui individuare idealmente tutta la strategia poetica e i fondamenti metafisici dell’intera opera shakespeariana. La storia di come Tarquinio stupri Lucrezia, invasato di lei dopo le lodi del marito Collatino all’interno di una bizzarra gara tra generali, e di come il suicidio della vittima spinga il popolo romano a ribellarsi e a liberarsi dal giogo della tirannia monarchica, era stata succintamente narrata da Tito Livio e Ovidio e poi da Chaucer. In Shakespeare la voce di Lucrezia si dilata e diviene uno dei più alti esempi di meditazione sulle conseguenze dello stupro visto dalla parte di una donna, attraverso un’ingegnosa serie di lamentazioni, introspezioni, allegorie, invettive contro il Tempo, la Notte, l’Occasione, e in una ekphrasis che è capolavoro assoluto: la descrizione di un quadro di argomento troiano, in cui il sacco della città diviene la violazione della donna.

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