GRANDE SUCCESSO PER LA TERZA EDIZIONE DELLA PROGRAMMAZIONE INTERNAZIONALE CON 1400 SPETTATORI E UN’ALTA QUALITÀ DELLE PROPOSTE
Si è conclusa la settimana di spettacoli in lingua originale e in inglese
Comune, Centro di ricerca Skenè dell’Università di Verona e Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale: una collaborazione di qualità che centra l’obiettivo
Grande successo per la terza edizione del Verona Shakespeare Fringe Festival, che è andata in scena dal 24 al 31 agosto al Teatro Camploy di Verona. Il programma internazionale realizzato quest’anno dal Comune di Verona con il Centro di Ricerca Skenè dell’Ateneo scaligero e il Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale ha richiamato 1.400 spettatori per 8 appuntamenti, registrando una crescita esponenziale che ha visto aumentare di oltre il 50% le presenze rispetto allo scorso anno, quando il dato superava di poco gli 850 spettatori, sempre per 8 serate.
“Questo successo che tutti noi speravamo, ma che non era affatto scontato, dimostra due cose – precisa l’assessora alla Cultura del Comune di Verona Marta Ugolini –, la vocazione internazionale della nostra città, e dunque la necessità di investire in proposte di valore capaci di convocare il pubblico straniero, e la forza della squadra. Mettere insieme competenze culturali di altissimo livello come quelle del Centro Skenè e capacità organizzative e gestionali di eccellenza, come quelle del Teatro Stabile del Veneto Teatro Nazionale, ha fatto la differenza e garantito un risultato così importante”.
“Al dato quantitativo in così forte crescita – le fa eco il direttore artistico dell’Estate Teatrale Veronese Carlo Mangolini – si aggiunge anche l’alta qualità della proposta artistica, che ha segnato uno scarto importante rispetto allo scorso anno. Il merito è del lavoro condiviso con il Centro Skenè, nelle persone delle fondatrici Silvia Bigliazzi e Sidia Fiorato, oltre che John Blondell, consulente e anch’egli fondatore del Festival nel 2021. Una sintonia che ha permesso di portare in città artisti di grande spessore. Tra tutti l’attrice e regista Lisa Wolpe, il regista Levan Tsuladze e la coreografa Risima Risimkin”.
Concorda Silvia Bigliazzi, sottolineando che “la selezione fatta ha voluto offrire spettacoli di generi diversi, dalla tragedia al dramma storico, al teatrodanza, alla musica, alla poesia e a nuove scritture che rileggono Shakespeare alla luce del mondo contemporaneo e di esperienze personali. Ricordando che il Fringe è nato nel quadro della Summer School Shakespeare and the Mediterranean, e ne è tuttora parte integrante, questa collaborazione del Centro Skenè dell’Università di Verona con il Comune conferma il potenziale di risorse che può fare di Verona un polo di attrazione internazionale di altissimo livello. Con Carlo Mangolini lavoriamo in grande sinergia per questo scopo”.
“Ancora una volta fare rete funziona e a dimostrarlo è prima di tutto l’affluenza del pubblico al Teatro Camploy nei giorni scorsi – dichiara Giampiero Beltotto, presidente del Teatro Stabile del Veneto –. La nostra partecipazione al Verona Shakespeare Fringe Festival rappresenta un tassello importante nel processo di internazionalizzazione che stiamo attivando su vari fronti per fare del Veneto un palcoscenico dell’eccellenza del teatro europeo. Ringrazio l’assessore Ugolini, il direttore artistico Mangolini e il Centro di Ricerca Skenè per la fiducia riposta in questa collaborazione”.
Il cartellone ha intercettato un pubblico di ogni età, con una prevalenza di giovani e studenti, catturati da un caleidoscopio di immagini, una babele di lingue, una varietà di linguaggi capaci di dare vita ad un programma compatto e stratificato, nei contenuti come nelle forme sceniche.
Autentica rivelazione del festival la talentuosa coreografa macedone Risima Risimkin che, con la sua originalissima versione del personaggio di Lady Macbeth, ha registrato il numero di presenze record, con oltre 200 spettatori e un tasso di riempimento della sala del Teatro Camploy pari all’80%. Merito di uno spettacolo di teatro danza di grande intensità e gusto estetico, capace di dare voce al complesso personaggio di Lady Macbeth e ai suoi demoni interiori, in un moltiplicarsi di identità sue e dell’ambizioso consorte, tra streghe seduttive, anime fantasmatiche e ombre che emergono dalle tenebre. In un gioco di luci costruito con grande maestria, gli 8 interpreti hanno eseguito alla perfezione una coreografia sospesa tra spezzature del corpo e ipnotici quadri d’insieme, tensione virile e forme sinuose. Un vero e proprio evento internazionale, sancito dalla presenza della televisione nazionale macedone, che ha documentato passo passo il debutto veronese della Skopje Dance Theatre.
Altra serata da incorniciare è stata l’inaugurazione del festival, ovvero la prima nazionale di Othello proposto dal regista georgiano Levan Tsuladze, co-prodotta dal Theatre Studio 42 di Tiblisi e dal Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale. Una versione molto personale del classico shakespeariano che azzera la questione razziale proponendo un Otello bianco. Un reduce di guerra affetto da stress post traumatico, precipitato nel dramma della gelosia come conseguenza della realtà alterata che vive dopo gli orrori visti sui campi di battaglia. Un raffinato gioco tra dentro e fuori, tra la recitazione limpida e appassionata degli attori e la potenza evocativa delle immagini videoproiettate. Un mare che diventa sfondo onirico ma anche specchio del tumulto interiore che anima il protagonista. Fino alla scena topica dell’uccisione di Desdemona, trasformata in un agghiacciante abbraccio d’amore che si trasforma lentamente in morsa mortale.
Chiude la terna degli spettacoli più applauditi e partecipati la straordinaria performance offerta dall’americana Lisa Wolpe in Shakespeare and the Alchemy of Gender. Un’attrice notevole, capace di entrare e uscire dai personaggi shakespeariani con una naturalezza fuori dall’ordinario, grazie anche ad un semplice cambio di postura, ma soprattutto di creare un corto circuito tra l’enorme corpus shakespeariano ed elementi autobiografici. La storia di una vita, la sua, attraversata da tematiche importanti come il suicidio, l’olocausto, l’identità di genere, ma anche capace di farci riflettere su cosa significa essere figli, fratelli, padri e madri, al di là dei rispettivi ruoli ed etichette sociali, ma riconoscendosi semplicemente come esseri umani.
A lasciare il segno anche l’energia travolgente del gruppo di giovani americani Naked Shakes di Santa Barbara, protagonisti di The death of Kings, che ha concluso il festival tra le ovazioni del pubblico, al rito conviviale nel preparare il cibo evocato dagli inglesi di Parabbola in Feast, fino all’esilarante contaminazione tra testi shakespeariani e canzoni pop anni ‘80 proposto da AbsoLutemusicDuo in AbsoLute Shakespeare. Un elogio dell’amore in piena regola, capace di fondere recitazione, canto e teatro di figura, con look e pose tipicamente anni ‘80, resi sotto una luce diversa dalla musica del liuto di Niklas Atterhall e dalla voce cristallina di Malin Sternbrink. Hanno completato il cartellone Venus and Adonis di Christopher Hunter, riuscitissimo tentativo di portare in scena un testo poetico complesso e ricco di immagini, e la versione dark di Richard III in lingua ungherese proposta dalla compagnia rumena Aradi Kamaraszínház Theatre Company in collaborazione con la compagnia Cellar Theater – Szegedi Pinceszínház (Ungheria), di Karo Balyan.
Un festival dunque multidisciplinare, multilingue e multiculturale, realizzato in stretta connessione con la Summer School “Shakespeare e il Mediterraneo” organizzata dal Centro Skenè, e dedicata quest’anno allo studio di “Antonio e Cleopatra”, che ha visto i 100 studenti presenti partecipare attivamente alla vita del festival: duranti gli spettacoli serali, negli incontri pomeridiani dedicati, nelle master class e nella restituzione finale proposta dal gruppo che ha seguito il laboratorio performativo curato da Jaq Bessell della Guildford School of Acting (University of Surrey, UK) e Andrea Coppone.