Un viaggio dentro la memoria e la ferita di Palermo: la mafia come specchio dell’anima.
In questo nuovo lavoro, Davide Enia affronta la memoria e la nevrosi collettiva della sua Palermo, trasformando il teatro in un luogo di indagine civile e spirituale.
Non un racconto sulla mafia, ma un processo di autoanalisi, un tentativo di comprendere non “la mafia in sé”, ma la mafia in me: quella parte invisibile che si annida nelle abitudini, nei silenzi, nei gesti quotidiani di chi è cresciuto in una terra segnata dal potere e dalla paura.
Attraverso una scrittura intima e viscerale, Enia intreccia biografia personale e coscienza collettiva, rievocando la Palermo delle stragi, dei lutti e delle omissioni.
Racconta il vuoto del 23 maggio 1992, il giorno dell’attentato a Giovanni Falcone, e la ferita che da allora attraversa un’intera generazione.
Ogni palermitano – spiega Enia – vive con la sensazione di essere costantemente in pericolo: una nevrosi inscritta nell’orizzonte della città.
Lo spettacolo trova il suo punto più profondo nel caso di Giuseppe Di Matteo, il bambino rapito e ucciso dalla mafia dopo 778 giorni di prigionia. Una vicenda che si fa tragedia assoluta, vertigine del male, domanda senza risposta rivolta a Dio e allo Stato.
Enia la racconta con gli strumenti del teatro civile siciliano – il corpo, il canto, il dialetto, il cunto – restituendo al pubblico una lingua che nasce dal dolore ma cerca ancora la luce.
Questo spettacolo è una tragedia e un’orazione civile, un autoritratto intimo e collettivo.
È la necessità di guardare dentro la storia per riconoscere le nostre ombre, e forse, da lì, cominciare a guarire.
di e con Davide Enia
musiche composte ed eseguite da Giulio Barocchieri
luci Paolo Casati
suono Francesco Vitaliti
si ringrazia Antonio Marras per gli abiti di scena
una co-produzione CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Accademia Perduta Romagna Teatri, Spoleto Festival dei Due Mondi
